Per ogni scelta della nostra vita possiamo usare due parametri:
1) Piacere/Dolore.
2) Vero/Falso.
Di solito succede che, dopo una vita passata a seguire il primo, uno si accorge del secondo. E vorrebbe un altro po’ di tempo.
Ma ve lo faccio dire da Lev Nikolaevic Tolstoj:
“Se riconosciamo che il fine di qualsiasi attività è soltanto il nostro piacere e solo in base a questo piacere la determiniamo, questa determinazione sarà evidentemente falsa. E’ successo proprio questo nella determinazione dell’arte. Eppure esaminando la questione del cibo a nessuno viene in mente di scorgere il significato del cibo nel piacere che riceviamo mangiandolo. Tutti sanno che la soddisfazione del nostro gusto non può mai servire come base per determinare il valore del cibo, e che quindi non abbiamo alcun diritto di supporre che i pasti con il pepe di Caienna, con il formaggio di Limburg, con l’alcool, e via dicendo, ai quali siamo abituati e che ci piacciono, costituiscono il migliore dei cibi umani.
Nello stesso modo la bellezza, o ciò che ci piace, non può affatto servire come base per definire l’arte, e una serie di oggetti che ci procurano piacere non può assolutamente essere il modello di ciò che deve essere l’arte. Vedere il fine e la destinazione dell’arte nel piacere che ne ricaviamo equivale ad attribuire, come fanno le persone di livello morale inferiore (i selvaggi per esempio), il fine e il valore del cibo al piacere che da esso si ricava.”
Lev Tolstoj, Che cos’è l’arte?